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      In ogni stadio di civiltà, osserva in proposito l’autore, vi è stato un certo numero di azioni che gli uomini stimarono non doversi permettere, un certo numero di fini individuali e sociali il cui raggiungimento essi reputavano dover esser garantito. Di questi, che non hanno mai rappresentato tutti i fini a cui gli uomini aspiravano, ma solo la parte più essenziale, una specie di minimum di moralità sociale indispensabile alla vita in comune, fu stimato necessario rilasciare la protezione all’autorità sociale, qualunque essa fosse, e sono precisamente questi, che quando sono raccolti a sistema, costituiscono ciò che vien chiamato il «diritto» di un popolo (i «diritti dell’uomo, e delle varie classi di uomini» in ciascun stadio di civiltà). La determinazione di tali fini non spetta allo scienziato, e neppure al giurista in quanto egli li trova già designati dalla coscienza popolare o dal senso morale comune, qualunque sia l’organo o gli organi pei quali questo si manifesta. Il colpire o minacciare di punizioni chi volontariamente offenda tali diritti, o violi le leggi che li garantiscono, non è che un mezzo, che può essere più o meno efficace, più o meno conveniente, secondo i casi, per indurre la maggioranza dei cittadini (tutti quelli cioè il cui senso morale non è né troppo poco sviluppato perché la pena possa essere sufficiente, né troppo sviluppato perché essa possa essere necessaria) al rispetto di tali diritti e all’osservanza delle leggi stabilite in loro difesa.
      Il determinare fino a che punto occorra, o convenga, ricorrere a tale mezzo per ottenere lo scopo voluto, il decidere entro quali limiti la pena debba essere fissata per legge e qual campo invece debba essere lasciato alla facoltà discrezionale del giudice, il giudicare della maggiore o minore opportunità di far dipendere l’intensità o la durata della pena dalla condotta del delinquente posteriore alla condanna ecc., sono tutte questioni d’indole puramente pratica e la cui soluzione deve tener conto d’una quantità di considerazioni, all’una o all’altra delle quali soltanto hanno spesso il torto di limitare la loro attenzione i seguaci dei singoli indirizzi speculativi, mentre nessuna di esse può essere trascurata da chi voglia procedere con metodo veramente scientifico e «positivo».


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483