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      Tanto in un caso come nell’altro, cioè, si asserisce, non il verificarsi, presente passato o futuro, di alcun fatto singolo isolato, ma bensì la concordanza o rassomiglianza tra certi fatti e certi altri, o il sussistere di certe regolarità nel loro modo di accompagnarsi e di succedersi.
      Distinguere, come fa l’autore, queste regolarità dalle «leggi», la cui indagine forma oggetto delle scienze «teorematiche», come la fisica o la meccanica, non è quindi stabilire una distinzione tra «fatti» e «leggi», ma piuttosto tra alcune specie di leggi e altre: distinzione per giustificare la quale occorrerebbe almeno enunciare in modo preciso in che cosa le prime differiscono dalle seconde.
      L’unico criterio, a cui l’autore sembra voler far appello a tale scopo, è quello che egli formula dicendo che le «leggi» propriamente dette differiscono dalle altre regolarità o uniformità di andamento tra i fenomeni in questo, che esse sono «necessarie», colla quale parola egli vuol indicare che noi non possiamo neppure immaginare che esse non si verifichino (ogni qualvolta, s’intende, siano presenti le condizioni che in esse sono presupposte). Il caso tipico delle proposizioni «necessarie», in questo senso, è costituito dalle verità aritmetiche. Così, per esempio, quando si enuncia la seguente proposizione: che il prodotto di n numeri consecutivi è divisibile per n, ognuno che ne veda la ragione non esiterà a negare non solo l’esistenza ma anche la possibilità di una serie di n numeri consecutivi per la quale tale proprietà non si verifichi.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483