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      Né più fondata della precedente mi sembra quell’altra specie di contrasto che comunemente si stabilisce, fra tali regolarità e le leggi scientifiche propriamente dette, coll’attribuire a queste ultime uno speciale carattere di «necessità», che le contraddistinguerebbe dalle prime anche nel caso che tanto le une come le altre fossero costantemente vere ed esenti da eccezioni.
      Non è tanto facile determinare che cosa intendano di dire quelli che applicano alle leggi naturali l’appellativo di necessarie e asseriscono che esse non solo non hanno, ma non possono nemmeno avere delle eccezioni. Tale idea sembra essere loro suggerita dal considerare quelle tra le leggi fisiche che, essendo suscettibili di essere spiegate o dedotte per mezzo di altre più generali, si presentano sotto la forma di conclusioni che non possono a meno che esser vere se le corrispondenti premesse lo sono. Così, per esempio, la traiettoria di un pianeta è necessaria nel senso che non potrebbe essere diversa da quella che è se non nel caso che non fossero vere le leggi generali della meccanica da cui essa è dedotta.
      Ma non è evidente che questo processo di deduzione delle leggi le une dalle altre deve far capo ad alcune di esse, che non possono esser dedotte da altre e le quali quindi non potranno esser chiamate necessarie nel senso sopradetto?
      E, del resto, ogni ramo delle scienze naturali non offre forse esempio di leggi ottenute per diretta induzione e per le quali non si presenta alcuna possibilità di ottenerle da altre più generali per via deduttiva?


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483