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      Che queste ultime siano poi vere o false, che esse siano più o meno conformi alla «realtà», è una circostanza alla quale i matematici sono disposti ad attribuire sempre minor peso. Essi non negano, naturalmente, che una tale circostanza possa avere la sua parte nel far decidere quali siano le supposizioni delle cui conseguenze val la pena di occuparsi. Ma essi non la riguardano né come la sola né come la principale delle circostanze di cui conviene tener conto a tale riguardo. Soprattutto essi sono lontani dal credere che la sua presenza sia indispensabile per rendere un insieme di supposizioni atte a servire da punto di partenza di una teoria scientifica.
      Per le esigenze stesse che sono imposte dalla sua applicazione alle scienze fisiche e meccaniche, la matematica si arricchisce ogni giorno di nuove ipotesi o premesse, che, per quanto suggerite dalla osservazione o dagli esperimenti, corrispondono a vere deformazioni, o falsificazioni, dei fatti reali, effettuate in vista appunto di rendere lo studio di questi accessibile ai potenti mezzi di cui dispone il calcolo e la rappresentazione geometrica. E tali deformazioni o falsificazioni, ben lungi dall’essere riguardate come degli espedienti eccezionali ai quali sia necessario ricorrere a causa di qualche limitazione inerente all’esercizio delle nostre facoltà intellettuali, sono riconosciute sempre più come condizioni normali e indispensabili di qualsiasi specie di attività razionale.
      Quel metodo stesso che si chiama delle «approssimazioni successive», e che consiste nel correggere gradatamente i risultati di investigazioni teoriche tenendo conto d’un numero sempre crescente di circostanze che complicano il fenomeno da studiare, presuppone come preliminare indispensabile un processo inverso, consistente invece nel semplificare artificiosamente i fatti che si vogliono sottoporre a studio, spogliandoli della più gran parte dei caratteri che essi effettivamente presentano e cercando di determinare come essi dovrebbero comportarsi se essi fossero quali li supponiamo, cioè se essi fossero diversi da quel che sono.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483