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      Un carattere comune all’uno e all’altro di questi due indirizzi è appunto la tendenza a emancipare le deduzioni matematiche da qualunque appello a fatti o intuizioni che si riferiscano al significato delle operazioni, o relazioni, in esse considerate. Queste vengono definite mediante la pura e semplice enunciazione di un certo numero di proprietà fondamentali le quali, potendo essere comuni a relazioni od operazioni aventi i significati più diversi ed eterogenei, sono compatibili colle più svariate interpretazioni dei simboli che figurano nella loro enunciazione.(80)
      Dato un gruppo di relazioni od operazioni definite in tal modo, che siano cioè supposte godere d’un certo numero di proprietà arbitrariamente fissate, l’unico scopo che può aver di mira il matematico è quello di determinare di quali altre proprietà esse dovranno o potranno ulteriormente godere in virtù e delle supposizioni fatte.
      Far concorrere a tale determinazione qualsiasi concetto desunto e suggerito dall’uno o dall’altro dei tanti significati speciali che le relazioni ed operazioni considerate potrebbero assumere, compatibilmente col sussistere delle supposizioni fatte a loro riguardo, diventa, per conseguenza, altrettanto illecito quanto, per esempio, in algebra il sostituire, in una formula che si tratti di dimostrare, a una lettera un numero o una quantità determinata. Ciò equivarrebbe infatti a togliere ogni legittimità e valore alle conclusioni ottenute, le quali conservano invece tanta maggiore portata e generalità quanto più nell’ottenerle si è fatta astrazione dai significati che potrebbero avere i segni di relazioni ed operazioni che vi figurano.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483