Le proposizioni in cui al soggetto veniva attribuito qualche carattere che in tal modo ha cessato di far parte della sua definizione, divengono allora proposizioni che possono essere contestate o anche supposte false, benché la loro negazione possa continuare a sembrare assurda o paradossale a tutti coloro il cui potere d’astrazione non è ancora sviluppato a sufficienza perché siano in grado di separare o dissociare i caratteri considerati nelle nuove definizioni da quelli che vi si trovavano originariamente associati. Qui sta la fonte di quella sorta di paralogismi che il grande logico e matematico genovese Gerolamo Saccheri S.J.(82) (1660- 1733) ha segnalato come i maggiori responsabili del perpetuarsi delle dispute filosofiche.
Per mezzo di considerazioni analoghe a quelle ora esposte è possibile spiegare il fatto, assai degno di nota, che i paradossi filosofici apparentemente più incompatibili con i postulati del buon senso volgare, sono proprio quelli che si presentano come negazioni della realtà di qualche distinzione che viene considerata evidente di per se stessa: la distinzione, per esempio, tra realtà e illusione, tra azioni volontarie e azioni involontarie o tra la giustizia e l’utile comune, ecc.
Anche qui ogni sforzo tendente a generalizzare, ad analizzare i criteri mediante i quali tali distinzioni potrebbero essere precisate o giustificate, ogni tentativo di formulare tali criteri e ridurli alla forma più semplice di cui siano suscettibili, tutto ciò è volgarmente interpretato come un mettere in discussione la realtà della distinzione stessa di cui si cerca in tal modo di determinare o approfondire i fondamenti, insomma come un attentare alla sua integrità o alla sua «legittimità».
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Gerolamo Saccheri S
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