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      È nel Leibniz soprattutto che questa idea si presenta sotto la forma più classica, ed è noto il suo paragone delle verità ai numeri, ciascuno dei quali, se non è un numero primo esso stesso, è sempre decomponibile, e in un solo modo, in una determinata serie di fattori primi.
      Si viene con ciò a perdere di vista che, alla domanda se una data proposizione sia dimostrabile o no, si può dare diversa risposta a seconda della scelta che si faccia delle altre proposizioni di cui si intende permettere l’uso nella dimostrazione che se ne richiede. Il che vuol dire che la semplicità o complessità di una data affermazione sono qualche cosa di estremamente relativo, qualche cosa che dipende dal proposito al quale l’affermazione stessa si riferisce, dal luogo dove la si enuncia, dall’indole della trattazione di cui fa parte, ecc. Se si vuol quindi continuare a parlare della deduzione come di un’analisi, bisogna ben tener presente come le proprietà di cui tale analisi gode sono ben diverse da quelle proprie dell’analisi chimica, nella quale non potrebbe certamente presentarsi il caso che, tra i composti di un dato corpo, si trovassero anche gli elementi di cui esso si compone. È da notare, a tale riguardo, la perfetta analogia tra il processo di deduzione e quello di «definizione».Il domandare se una data proposizione è dimostrabile o no, o se un dato concetto è definibile o no, senza indicare, nel primo caso quali sono le premesse che si accettano, e, nel secondo, quali sono i concetti che si presuppongono dati, non ha maggior senso del domandarsi se un dato corpo si muove o sta fermo, senza indicare quali sono gli altri corpi dai quali intendiamo considerare le sue successive distanze.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





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