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      Né è da credere che riescano meglio i tentativi della seconda specie, quelli mediante i quali si contesta il valore di una distinzione mostrando che alcuni dei caratteri, pei quali erano supposti differire le due classi da essa stabilite, sono comuni all’una e all’altra.
      Un esempio tipico in proposito ci è offerto dalle critiche alle quali è stata assoggettata la distinzione tra il semplice succedersi di due fatti e ciò che si esprime dicendo che uno di essi ha «prodotto» o è stato «causa» dell’altro. Il risultato infatti di tale critica è stato quello di far riconoscere sempre più chiaramente quali siano i caratteri distintivi il cui possesso conferisce, alle successioni indicate nel secondo modo, un’importanza così superiore di fronte a tutte le altre specie di successioni che l’esperienza ci presenta.
      Dire che un dato fatto è «prodotto» da un altro, osservano i critici della nozione di causa, non vuol dire altro che questo: che il primo è stato preceduto dal secondo, e che noi abbiamo ragione di credere che qualche cosa di simile al secondo avverrà ogni volta che sia avvenuto qualche cosa di simile al primo, e che qualche cosa di simile al primo è avvenuto quando sia avvenuto qualche cosa di simile al secondo.
      E questo non equivale forse a riconoscere che non tutte le successioni hanno eguale importanza teorica e pratica? Che tra esse ve ne sono di quelle il cui rintracciamento contribuisce ad allargare il campo delle nostre previsioni e azioni, e le quali, a cagione appunto di tale loro pregio, meritano di essere tenute distinte da tutte le altre, qualunque sia d’altra parte il nome che si adotti a tale scopo?


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483