1) a quale corpo, supposto fisso, si riferiscono le successive posizioni del corpo che si asserisce muoversi in linea retta. Se io descrivo ad esempio una linea retta su un foglio che si muove, dato anche che essa riesca perfettamente retta sul foglio, non corrisponderà a un movimento rettilineo della punta con cui la descrivo. E viceversa, dato qualunque moto di un punto, non è mai esclusa la possibilità di determinare altri punti di riferimento tali che, rispetto a essi, quel moto sia rettilineo;
2) quale sia la misura che si adotta per il tempo, in altre parole con che criterio si giudichi che due intervalli successivi di tempo sono uguali o disuguali. A seconda, ad esempio, che si scelga a tale scopo il movimento apparente del sole, o quello delle stelle fisse, uno stesso moto potrà apparire uniforme o non uniforme. Né qui, come nel caso di due persone i cui orologi non concordino, si può fare appello ad alcun criterio comune, essendo appunto sulla scelta del criterio che si disputa, sulla scelta cioè del movimento «campione» col qual tutti gli altri si vogliono misurare.
Dire che il moto scelto a tale scopo è uniforme senza dire rispetto a quale altro moto tale sua uniformità sussista (precisamente come, nel caso dei punti di riferimento, il dire che essi sono immobili senza dire rispetto a quali altri punti) ha così poco senso come dire che un uomo è un «coetaneo» senza dire di quale altro.
Non sono mancati tentativi per concludere da questo fatto, dalla dipendenza cioè della legge di inerzia dalla scelta dei punti di riferimento e di una determinata misura del tempo, che tale legge non è che un semplice artificio di rappresentazione, una convenzione non corrispondente ad alcun fatto reale; come se la possibilità stessa di scegliere dei riferimenti e delle misure del tempo rispetto alle quali essa sussiste, non costituisse già per se stessa un fatto: un fatto del quale noi non facciamo che approfittare per costruire la nostra meccanica, allo stesso modo precisamente come approfittiamo del peso del piombo per farne dei piombini, o della possibilità di accendere certi composti chimici per sfregamento per fabbricarne dei fiammiferi.
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