La critica alla quale il concetto di quantità è stato recentemente assoggettato, nelle regioni più astratte della matematica, ha portato, tra l’altro, a un più chiaro riconoscimento dei caratteri pei quali le differenze che designiamo come differenze di grado o di quantità si distinguono effettivamente dalle altre differenze che, in contrasto ad esse, chiamiamo differenze di qualità.
Le conclusioni raggiunte in proposito si possono riassumere brevemente come segue: le differenze in quantità non sono che un caso speciale delle differenze in qualità. Esse si distinguono dalle altre anzitutto per ciò che le qualità alle quali si riferiscono sono tali da permettere un determinato ordinamento degli oggetti che le possiedono, pel fatto cioè che le qualità in questione sono tali da poter servire come criteri per distinguere, dati due qualunque degli oggetti che le possiedono, quale dei due preceda o segua l’altro, in una serie determinata nella quale essi entrano tutti.
Così, per esempio, la resistenza che diversi fili oppongono ad essere spezzati dà luogo tra loro a una differenza «quantitativa», in quanto, dati due qualunque di essi, si può sempre determinare quale dei due si spezzerà prima dell’altro. Le differenze invece nel colore (a meno che si tratti solo di diverse gradazioni di uno stesso colore), o nelle materie prime di cui sono costituiti (quando si tratti di sostanze diverse e non di diverse quantità delle stesse sostanze), non possono qualificarsi come differenze quantitative, perché sono incapaci di servire, per se stesse, di base a un ordinamento nel quale a ciascuno dei fili competa un posto determinato.
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