Ma se il verificarsi della suddetta condizione è indispensabile perché date differenze possano qualificarsi come differenze quantitative, pure essa non basta a caratterizzare completamente la nozione di quantità. A ciò si richiede la presenza di ulteriori condizioni, più direttamente connesse a quegli speciali procedimenti di confronto che si indicano col nome di misure.
Occorre, cioè, che, sugli oggetti che possiedono le qualità in questione, possano eseguirsi delle operazioni che, godendo di proprietà analoghe a quelle della somma tra numeri, permettano di attribuire un senso preciso alla frase che uno tra essi possieda la detta qualità in un grado doppio, triplo, ecc., di quello in cui la possiede un altro.
Dopo aver constatato come i vari procedimenti, che possono esser messi in opera per la critica delle distinzioni filosofiche, mettono capo, nel caso più ordinario, alla sostituzione di una distinzione a un’altra, talvolta solo all’adozione di qualche nuovo criterio per definirla e giustificarla, rimarrebbe da considerare il caso inverso, quello cioè dei procedimenti dei quali i filosofi tentano servirsi per fabbricare delle nuove distinzioni, per porre dei contrasti e delle opposizioni tra concetti, o affermazioni, che sono invece reputati comunemente come compatibili, concordanti, coincidenti.
Ciò mi porterebbe a parlare delle varie cause che possono dar luogo al sorgere di antitesi illusorie, e in particolare, al sorgere di quelle, della specie più grave e cronica, note sotto il nome di antinomie.
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