In un’altra direzione gli schemi scolastici della definizione sono stati allargati col prendere in considerazione i casi in cui ciò che si definisce non è una parola isolata ma un gruppo di parole o una frase in cui essa compaia (definizioni implicite). Con ciò si è venuto a riconoscere, più chiaramente di quanto non fosse fatto, ad esempio, da Aristotele, che le definizioni di parole isolate non sono che un caso particolare, il più semplice, nel più vasto campo delle «definizioni implicite», in quanto definire, per esempio, un nome A non significa altro che indicare il senso che si vorrebbe attribuito alla frase: «la tale o la tal altra cosa è un A». Inoltre è diventato possibile caratterizzare e giustificare il procedimento, già seguito istintivamente dai matematici, di servirsi successivamente di diverse definizioni di uno stesso segno, o d’una stessa notazione, a seconda dei campi (includentisi o no) in cui nasca l’opportunità di far uso di gruppi di simboli in cui essa figuri (definizioni precedute da ipotesi limitatrici e varianti col variare di queste).
Particolare interesse nei rapporti col pragmatismo presentano quelle che furono chiamate (Peano) «definizioni per astrazione», nelle quali dal fatto che una data relazione presenta alcune delle proprietà caratteristiche dell’uguaglianza si trae occasione per «foggiare» un nuovo concetto; come, ad esempio, dal fatto che due rette parallele ad una terza sono parallele tra loro si trae il concetto di «direzione», o dal fatto che due quantità di merce, scambiantisi con una stessa quantità d’una terza merce, si scambiano anche tra loro, si trae il concetto di «valore», ecc.
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Aristotele Peano
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