Segue un’analisi critica delle varie specie di definizioni e in particolare di quei due processi importanti di definizione «implicita» che, dai logici della scuola del Peano, sono stati designati col nome di «definizioni per astrazione» e «definizioni per postulati».
Meno felice mi pare la parte dell’esposizione relativa all’analisi dei «principi della logica», ove all’Enriques nuoce, a mio parere, il non aver riattaccato direttamente le sue considerazioni, anche per quanto riguarda la nomenclatura, alle trattazioni originali dei migliori autori antichi e moderni, e l’avere invece troppo spesso e immeritatamente onorato di commento e di interpretazione i luoghi comuni dominanti nei manuali scolastici o nelle opere di seconda mano.
Parlando dell’ufficio della deduzione come strumento di trasformazione delle ipotesi, l’Enriques insiste sulle condizioni da cui dipende l’applicabilità del metodo deduttivo ai vari ordini di ricerca, e in particolare sull’importanza che assumono a tale riguardo le ipotesi idealizzatrici e semplificatrici. La posizione dello scienziato di fronte all’oggetto; dei suoi studi è argutamente paragonata a quella del duellante ferravillesco che prega il suo avversario a star fermo altrimenti finirebbe per non poterlo ferire. Il carattere del metodo di «approssimazione successiva» viene chiarito ricorrendo molto opportunamente all’esempio suggestivo della così detta «economia pura».
Resterebbe da considerare la seconda parte dell’opera, nella quale le vedute che ho fin qui tentato di riassumere vengono applicate in particolare alle singole scienze, dalla geometria e dalla meccanica alla fisica e alla chimica, e, da queste, alle scienze biologiche e sociali.
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