Il presente lavoro del Giardina, oltreché dagli altri lati, alcuni dei quali ho cercato qui di mettere in vista, mi sembra interessante anche da questo: come sintomo, cioè, del sorgere, anche fra i biologi, di preoccupazioni corrispondenti a quelle che hanno condotto i fisici e i meccanici a un più esatto e chiaro riconoscimento del carattere e del compito delle teorie e delle ipotesi di cui fanno uso.
Anche se, per quanto si riferisce a quest’ultimo soggetto, si possa non essere disposti ad accettare senza qualche riserva le conclusioni alle quali l’autore arriva, o che le sue parole sembrano talvolta suggerire e implicare, gli si deve riconoscere il merito di aver chiaramente posto le questioni e di avere validamente cooperato a che queste, anche fra noi, come per esempio in Germania per opera del Driesch, vengano poste «all’ordine del giorno».
Tra le più belle pagine del volume è da segnalare la nota dedicata, in fine, alle «inferenze causali», nella quale la concezione pragmatista delle teorie scientifiche, come espressioni di aspettative condizionate o di strumenti per la previsione di possibili esperienze, viene posta in luce con gran chiarezza e determinazione.
«Ad ogni inferenza causale corrisponde sempre un esperimento, o attuale, o eseguibile, o anche semplicemente pensabile. Quando noi, ad esempio, diciamo che, probabilmente, l’asimmetria ben conosciuta delle sogliole dipende da un adattamento alla vita di fondo e dall’abitudine presa da questa specie, o dai suoi progenitori, di stare appoggiata su di un fianco nel fondo opaco del mare (abitudine utile per tanti motivi) noi, senza saperlo, nell’affermare ciò facciamo degli esperimenti.
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