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È degno di nota il fatto che, nonostante i differenti punti di partenza di queste correnti di idee e nonostante la mancanza di ogni comunicazione diretta, esse presentano analogie abbastanza sorprendenti da suggerire l’idea che siano destinate a confluire presto o tardi in un unico corpo dottrinale.
Mi sembra che sia soprattutto il caso dei lavori che si riferiscono alla disciplina che ha nome «filosofia delle scienze» ed è su questo argomento in particolare che mi propongo qui di caratterizzare in modo sommario i tratti a mio avviso più salienti ed i risultati meglio acquisiti dell’attività filosofica italiana di questi ultimi anni.
Inizierò con un’esposizione dei contributi apportati dai «pragmatisti» italiani a uno dei problemi più fondamentali della metodologia e della teoria della conoscenza: il problema della funzione del sillogismo e, in generale, del processo deduttivo nell’elaborazione e nell’interpretazione delle teorie e dei sistemi filosofici.
I logici hanno sempre considerato la deduzione soprattutto come un mezzo di prova, e ciò da un duplice punto di vista, ossia in primo luogo come strumento (organum) per mezzo del quale quelle tra le nostre opinioni che non sono abbastanza «evidenti per se medesime», possono acquistare un’evidenza di riflesso come conseguenze di altre proposizioni (assiomi, verità necessarie, ecc.); in secondo luogo come procedimento di «dimostrazione indiretta» che conduce al riconoscimento della verità di una tesi mediante la messa in luce di conseguenze assurde o inammissibili implicate nella sua negazione.
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