Si deve sempre poter ricondurre la differenza tra due ipotesi o dottrine astratte a differenze fra questo tipo di conseguenze e solo in questo caso le due dottrine o ipotesi possono essere considerate come affermanti qualcosa di realmente diverso l’una rispetto all’altra e non come due rappresentazioni equivalenti degli stessi fatti.
Nell’applicazione del loro metodo alle controversie filosofiche i pragmatisti vedono il mezzo più sicuro e efficace per evitare ed eliminare ogni problema ozioso e puramente verbale.
Bisogna notare a questo proposito il contrasto esistente tra il loro atteggiamento e quello assunto dalla maggior parte dei positivisti nei confronti dei problemi metafisici propriamente detti (quali il problema del libero arbitrio, o quello della realtà del mondo esterno). Mentre i positivisti giustificano normalmente il proprio rifiuto ad occuparsi di simili problemi con ammissioni di incompetenza o dichiarazioni agnostiche, qualificandoli come problemi insolubili, inaccessibili alle ricerche scientifiche, ecc., i pragmatisti, al contrario, adottano una tattica ben più aggressiva e decisiva. Iniziano col contestare persino che si tratti di «problemi autentici», attribuendo loro tale carattere solo nella misura in cui può essere garantito da un fatto, che le parti coinvolte nella discussione convergono nel riconoscere come conseguenza di una soltanto delle due tesi contrapposte. Quando, come spesso avviene, tale garanzia manca, il problema in questione viene considerato come un problema meramente verbale.
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