Il rimprovero che Enriques rivolge alla maggior parte dei filosofi è di non aver recepito come gli scienziati la verità e l’importanza dell’aforisma baconiano: «Prudens interrogatio dimidium scientiae».
Non si sono mai curati abbastanza di esaminare se, e fino a che punto, l’insolubilità di certi problemi, di cui si occupano da quando esiste la filosofia, sia da attribuirsi a qualche errore nella forma in cui ordinariamente vengono posti o formulati.
Contro il metodo che consiste nel ricercare il senso di una proposizione nelle conseguenze che se ne possono trarre per deduzione, è stata sollevata un’obbiezione che può, a prima vista, sembrare molto grave.
Poiché il ragionamento deduttivo è un procedimento che ad ogni passo, cioè per ogni sillogismo, esige l’intervento di almeno due proposizioni (premesse), sembra che a rigore non si possa parlare di conseguenze di una proposizione, ma solo di conseguenze della sua combinazione con altre proposizioni determinate. E allora come si riuscirà a distinguere tra le conseguenze di un insieme di proposizioni quelle in cui «risiede» il senso di ciascuna di queste ultime?
Si risponde(108) che una proposizione è sempre più o meno un membro, una parte di un organismo teorico, proprio come un termine è parte di una frase o di una proposizione. Determinare il senso o giudicare la verità di una proposizione senza ricollegarla, in modo esplicito o implicito, a un sistema di altre proposizioni, costituisce un problema insolubile e assurdo quanto quello di determinare il movimento o la posizione di un corpo senza metterlo in rapporto ad altri corpi o punti di riferimento.
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Enriques
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