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È interessante avvicinare e comparare alle conclusioni sopra delineate, sull’uso della deduzione come mezzo per la determinazione del senso e della portata delle affermazioni e delle teorie, quelle a cui sono giunti, nel campo più generale del ruolo delle deduzioni nella costruzione delle teorie scientifiche, i matematici italiani che, soprattutto sotto la guida e lo stimolo di G. Peano, hanno portato avanti l’analisi e la rappresentazione simbolica dei procedimenti del ragionamento deduttivo.
Molte di queste conclusioni - in particolare quelle che sono più direttamente collegate alle applicazioni matematiche - sono già abbastanza note in Francia attraverso l’esposizione molto chiara ed accurata che ne ha fornita L. Couturat in una serie di pubblicazioni apparse, per la maggior parte, nella "Revue de Metaphysique et de Morale".
In questa seda mi occuperò solo di quelle che mi sembrano più degne di nota dal punto di vista filosofico.
A questo proposito bisogna porre al primo posto quelle che sono collegate ai criteri di scelta e classificazione dei postulati e degli assiomi, cioè delle proposizioni non dimostrate che costituiscono il punto di partenza indispensabile di ogni teoria deduttiva.
La logica tradizionale considera la differenza tra queste proposizioni e quelle che esse servono a dimostrare come consistente principalmente nella loro maggiore certezza o «evidenza intuitiva», e a volte anche nella loro maggiore «semplicità» o resistenza all’analisi, ecc.
Al contrario le ricerche di logica matematica tendono a riconoscere in esse delle proposizioni come tutte le altre e a considerare la loro scelta come un atto pressocché arbitrario da parte dello scienziato, come un atto dipendente essenzialmente dai fini che egli si propone e dalla forma che preferisce dare alla sua esposizione.
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