Gli assiomi e i postulati non sono tali per una qualità loro propria o esclusiva, ma solo in virtù dei rapporti di dipendenza o di connessione logica che sussistono, o si prevede di stabilire, tra essi e le altre proposizioni di cui si compone la teoria.
Bisogna paragonare questi rapporti non a quelli che sussistono tra le classi privilegiate e le altre parti della società in uno stato a regime aristocratico, ma a quelli che, in un regime democratico o egualitario, sussistono tra il popolo ed i suoi capi elettivi, la cui autorità dipende dalla loro capacità, vera o presunta, di esercitare determinate funzioni nell’interesse pubblico. In altri termini, gli assiomi ed i postulati sono stati spogliati dalla logica matematica di quella specie di «diritto divino» di cui sembravano godere nella loro qualità di proposizioni «fondamentali, primordiali, irriducibili» e sono stati abbassati al livello di semplici «impiegati» di cui si ha sempre più cura di precisare gli attributi, il grado di «indispensabilità», i limiti di possibile utilizzazione, ecc.
La stessa nozione di «indimostrabilità» è stata riconosciuta come essenzialmente relativa, nella misura in cui la frase: «questa o quella proposizione è, o non è, dimostrabile» non ha senso se non si è determinato quali sono le altre proposizioni «in rapporto alle quali» una tale dimostrabilità o indimostrabilità viene affermata: ossia quali sono le altre proposizioni di cui si vuol consentire o rifiutare l’uso nella dimostrazione che si esige odi cui si afferma l’impossibilità.
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