La differenza più importante tra le definizioni condizionali, di qualunque tipo siano, e le definizioni considerate dalla logica tradizionale consiste in ciò: mentre queste ultime si presentano come spiegazioni del senso di un termine, ossia di un segno isolato, le definizioni condizionali, al contrario, si occupano solo del senso delle diverse frasi, o formule nelle quali il termine o segno in questione figura combinato con altri, il cui senso è già stato determinato.
In altre parole, le definizioni condizionali non rispondono come le definizioni comuni a domande del tipo: «Cos’è la tale o tal altra cosa?», oppure «Cosa significa questo o quel termine?», ma a domande di quest’altro tipo: «Cosa si vuol dire quando si enuncia la tale o tal altra proposizione?».
Si può considerare quest’ultima domanda come comprensiva, in qualità di casi particolari, delle altre domande alle quali si risponde, o si ha la pretesa di rispondere, con definizioni di tipo comune. Infatti, come del resto aveva già osservato Aristotele, chiedere: «Cos’è un A?» o «Cosa significa il termine A?», non è in fondo altro che chiedere che senso avrebbe la frase: «Questo o quell’oggetto è un A».
Il procedimento che si è chiamato di definizione «condizionale» differisce dunque dal procedimento di definizione che la logica scolastica si è limitata a considerare, solo per la sua maggiore generalità e per la maggior libertà che concede nella costruzione delle frasi da definire.
Un’altra categoria di «definizioni di frasi», o definizioni implicite, come si potrebbero anche indicare, è costituita da quelle che Peano ha caratterizzato come «definizioni per astrazione», il cui uso da parte dei geometri è di antica data.
| |
Aristotele Peano
|