Così, ad esempio, poiché la «similitudine» di due figure e la loro «equivalenza» (possibilità di essere scomposte in parti sovrapponibili) sono entrambe relazioni che godono delle proprietà dell’uguaglianza, vi sarebbe una certa ambiguità nell’uso della notazione A = B per esprimere la sussistenza di queste relazioni tra le figure A e B. Si distinguono allora i due casi, scrivendo, per la similitudine:
forma di A = forma di Be per l’equivalenza:
area di A = area di B,
o col dire, nel primo caso, che le due figure A e B hanno la stessa forma e, nel secondo, che esse hanno la stessa grandezza. I termini «forma», «area», «grandezza» restano così definiti «implicitamente» dal senso che viene attribuito a queste formule o frasi in cui figurano.
Le definizioni per astrazione hanno una funzione alquanto importante in meccanica e nelle diverse parti della fisica matematica. È ad esse che bisogna ricorrere per definire la maggior parte delle nozioni fondamentali di queste scienze, quali le nozioni di «massa», «temperatura», «potenziale», e collegarle direttamente alle esperienze a cui si riferiscono.
Del loro uso al di fuori delle scienze fisiche si ha un esempio suggestivo nel procedimento usato dagli economisti per precisare la nozione di «valore di scambio».
«Metior et quid metiar nescio», affermava già sant’Agostino nelle sue Confessioni (XI, 26) discorrendo della nozione di «tempo» e dell’impossibilità di darne una definizione; e sono pressocché identici i termini di cui si servono quelli tra i filosofi contemporanei che rimproverano agli scienziati, e in particolare ai fisici, di occuparsi solo di «rapporti» e di non sapere nemmeno cosa misurano.
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Agostino Confessioni
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