Calderoni si propone, al contrario, di dimostrare che il valore teorico e pratico di quest’ultima distinzione è completamente indipendente dal risultato di qualsiasi controversia metafisica sul libero arbitrio o sulla «necessità» delle azioni umane e che la nozione di responsabilità ha il suo fondamento o ragione di essere nel fatto, garantito dall’esperienza quotidiana, che la condotta degli uomini dipende fino ad un certo punto (in modo diverso per i diversi uomini o per lo stesso uomo in circostanze diverse) dalle loro previsioni o aspettative di effetti, prossimi o lontani, delle loro azioni, o in altri termini dal fatto che le speranze o i timori delle conseguenze delle nostre azioni figurano tra le cause che concorrono nel determinarci a compierle o meno. Quando si minacciano pene o si promettono ricompense, ossia quando si aggiungono conseguenze addizionali o artificiali alle conseguenze spontanee e naturali delle azioni che si vuole scoraggiare o provocare, qualunque punto di vista si abbia sulla questione del libero arbitrio o del determinismo, non può essere indifferente sapere se le azioni, che ci si propone di punire o prevenire, appartengono o no alla classe delle azioni che vengono qualificate come volontarie, cioè se esse sono, e fino a che punto, suscettibili di subire l’influenza delle nostre aspettative, delle nostre previsioni, dei nostri timori. Infatti proprio da ciò dipende l’efficacia o l’inutilità delle pene o delle ricompense che vengono stabilite per coloro che le compiranno.
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