Le finalità, le qualità ideali, gli effetti, le esagerazioni sono simili. Lo scienziato è un bugiardo utile collettivamente; il bugiardo è uno scienziato utile egoisticamente» (pp. 12-3).
Si può quindi osservare che la linea di condotta suggerita da Quintiliano al suo Orator, quando, per incoraggiarlo a mistificare onestamente i suoi ascoltatori, afferma che essi si trovano spesso nella condizione di dover essere ingannati appunto perché non s’ingannino ancora peggio da sé (expedit ut fallantur ne errent), non ha valore soltanto nel campo pedagogico, giudiziario o politico. Anche nelle ricerche stesse dello scienziato gli errori, le finzioni, gli equivoci hanno avuto e continuano ad avere la loro funzione utile e importante. Come vi sono, e vi saranno sempre, delle verità sterili e inutili, così non sono mai mancati né mancheranno mai, anche nella storia della cultura, gli errori utili e fecondi, gli esempi di felix culpa, i casi di scoperte che non sarebbero state fatte se dati errori o date false idee o immaginazioni non avessero prevalso in determinati stadi di sviluppo delle conoscenze. Un esempio classico di questa specie ci è fornito dalla scoperta del Nuovo Mondo, alla quale Cristoforo Colombo non sarebbe mai arrivato senza l’incoraggiamento che gli provenne fortunatamente dalle conclusioni errate che i geografi del suo tempo ricavavano da una falsa interpretazione dei dati e delle misure della cosmografia antica sulla figura della terra. Colombo si è trovato quindi precisamente nel caso di quell’alpinista del James, ormai, troppe volte citato in tutte le dissertazioni sul Will to believe, al quale la credenza, anche non fondata, nella propria capacità a superare con successo un dato ostacolo, dà effettivamente quella attitudine a superarlo che egli non avrebbe posseduto se non avesse fermamente creduto di possederla.
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