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      Sono tali, per esempio, il segno di «radice quadrata», il segno di «logaritmo», e, in generale, tutti i simboli che rappresentano funzioni di una sola variabile, per esempio quelli indicanti le funzioni trigonometriche.(124)
      Se si tengono presenti le osservazioni fatte sopra sulle proposizioni in cui figura come predicato un nome relativo, e sulla loro traducibilità in altre in cui figuri invece un verbo transitivo, si riconoscerà facilmente l’analogia tra il procedimento con cui si effettua, nel linguaggio ordinario, tale traduzione e il processo che è invece adoperato in algebra per costruire, col sussidio del segno di eguaglianza, e dei segni di funzione e di operazione, tutti gli altri verbi transitivi di cui si ha bisogno.
      Tale procedimento consiste nel far seguire, al segno di eguaglianza, un segno di funzione o di operazione, a un lato, o ai due lati, del quale figurino dei numeri, o delle lettere, aventi quasi l’ufficio di pronomi, in quanto servono a occupare il posto che verrà a essere poi occupato dai vari «complementi».
      Per convincersi come nelle formule che così si vengono a costruire, come per esempio a=sen b, a=b+c, il verbo è rappresentato, non dal solo segno di eguaglianza, ma da questo insieme al segno di funzione o di operazione che gli tien dietro, basta confrontare tali espressioni con quelle di struttura analoga nel linguaggio comune, come per esempio: «a è un produttore di b», «a è figlio di b e di c», frasi traducibili immediatamente nelle altre: «a produce b», «a è stato generato da b e c», nelle quali compare esplicitamente il verbo transitivo sotto forma attiva o passiva.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483