Pagina (393/483)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
     
      Da quanto si è detto sui segni di operazione risulta chiaro come, con il loro aiuto, i segni di uguaglianza e di disuguaglianza diventino atti ad esercitare, non solo l’ufficio di verbi «bivalenti», ma anche quello di verbi a un numero qualunque di «valenze».
      Dicendo, per esempio, che un numero a è maggiore della somma di due altri b e c, si afferma una relazione fra i tre numeri in questione, riducendola all’affermazione di una relazione tra uno di essi, e un altro numero: (b+c).
      E poichè al numero (b+c), come a qualsiasi altro numero, si può fare assumere, facendolo seguire da un nuovo segno di operazione, il carattere di nome relativo, si riuscirà così ad esprimere, sempre col solo impiego dei segni («bivalenti») di uguaglianza e di disuguaglianza, relazioni, non più fra tre, ma fra quattro numeri, e così di seguito.
      Un ufficio importante nella costruzione delle formule che così si ottengono è affidato alle «parentesi», che diventano qui indispensabili per togliere le ambiguità che sorgerebbero inevitabilmente per quanto riguarda l’ordine in cui le diverse operazioni indicate s’intendono dovere essere eseguite.
     
      Alla conformità che, per questo riguardo, sussiste tra l’ufficio che ha in algebra il segno di eguaglianza, e quello che compete invece al verbo «essere» nel linguaggio ordinario, fanno riscontro tuttavia delle notevoli differenze.
      Mentre unico ufficio del verbo «essere», per esempio nelle proposizioni del tipo: «gli a sono b» (ogni volta, cioè, che esso non sia adoperato come un verbo intransitivo, equivalente a «esistere», «sussistere», ecc.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483