), è quello d’indicare che gl’individui, o gli oggetti, ai quali è applicabile un nome a, fanno parte di quelli (o coincidono con quelli) ai quali è applicabile un dato altro nome b, il segno di eguaglianza, invece, è adoperato in algebra per esprimere, oltre a questa, molteplici altre relazioni aventi con questa comuni soltanto alcuni caratteri.
Si ha di ciò un esempio caratteristico nel più antico impiego che, nella geometria greca, è fatto del corrispondente aggettivo: ìsos, del quale Euclide si serve, come è noto, per designare, non già l’identità, o anche solo quello che si chiama ora l’eguaglianza di due figure (cioè, in altre parole, il fatto che esse possono essere portate a coincidere), ma semplicemente la loro scomponibilità in parti sovrapponibili.
La relazione che Euclide afferma sussistere, per esempio, tra due parallelogrammi di uguale base e altezza, quando li qualifica come «eguali», non ha, come si vede, nulla di comune con quella che sarebbe espressa dal dire che l’un parallelogrammo è l’altro o che ambedue sono uno stesso parallelogrammo.
Parimenti, passando da un esempio antico ad un esempio moderno, quando si pone il segno di uguaglianza tra due vettori, o quando anche si dice che l’uno di essi è identico all’altro (eccetto nel caso che si tratti di una semplice definizione), ciò che si afferma è solo il sussistere di una certa relazione di posizione tra le due coppie di punti dalle quali essi sono rispettivamente determinati.
Col dire che i segni corrispondenti nell’algebra ai verbi sono tutti «transitivi» non si è però ancora esaurita l’enumerazione delle loro proprietà caratteristiche.
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Euclide Euclide
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