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      Essi appartengono a una particolare classe di verbi transitivi, che si distinguono dagli altri per una notevolissima proprietà.
      Per ben chiarire in che cosa questa consiste basta porre a confronto due locuzioni transitive di cui l’una la possieda e l’altra no.
      Siano per esempio le due locuzioni che si ottengono facendo seguire, al verbo «essere», rispettivamente, le parole «concittadino» e «creditore». Nel primo caso, quando si abbiano le due proposizioni seguenti: A è concittadino di B e B è concittadino di C, se ne può dedurre immediatamente la terza: A è concittadino di C. Nel secondo caso invece, dalle due analoghe proposizioni: A è un creditore di B e B è un creditore di C, non si può affatto concludere né che A sia, né che non sia, creditore di C.
      Poiché non abbiamo a disposizione, in grammatica, un termine tecnico per designare la proprietà di cui gode la prima delle suddette due locuzioni transitive e non la seconda, indicherò qui provvisoriamente tale proprietà col nome di «transitività sillogistica».
      Si può giustificare tale denominazione facendo notare che la validità di quei sillogismi che i logici chiamano della «prima figura» (cioè dei sillogismi del tipo: A è B, B è C, dunque A è C) dipende semplicemente dal fatto che la proprietà sopraddetta compete, tra gli altri verbi, anche al verbo «essere», e ai suoi vari sinonimi.
      Se nei sillogismi del tipo sopra indicato si sostituisca, al posto del verbo essere, un altro verbo qualunque che goda della stessa proprietà, si ottengono altri tipi di ragionamento altrettanto validi, e per i quali non cessano di sussistere tutte le regole che valgono per i sillogismi propriamente detti.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483