Si dice, per esempio, «le tali due persone sono eguali di statura», «il tale edificio è eguale all’altro in altezza», «i tali due climi si equivalgono per salubrità», ecc.
Anche qui l’uso della preposizione è, per così dire, accidentale: in greco, per esempio, basta l’aggiunta del nome della qualità in questione, posto all’accusativo; in latino si adopera l’ablativo.
Ma vi è anche un’altra forma che possono assumere le proposizioni del tipo suddetto, ed è quella che si presenta nelle frasi: «la statura della tal persona è eguale a quella della tale altra», «l’altezza del tale edificio è eguale a quella del tale altro», «la salubrità del tale clima è eguale a quella del tale altro», ecc.
Queste espressioni, nelle quali figurano, al posto del soggetto e del predicato, i nomi, non più degli oggetti di cui si parla, ma delle qualità di essi, e dei caratteri rispetto ai quali essi sono posti a confronto, corrispondono precisamente alle espressioni che compaiono nel linguaggio algebrico quando, per esprimere, per esempio, che due angoli a, b hanno uno stesso seno, si scrive: sen a=sen b, o quando, per indicare che i triangoli ABC, DEF hanno una stessa area, si scrive: area ABC =area DEF.
I due esempi citati - quello del seno e quello dell’area - possono servire a mettere in luce una differenza che è importante segnalare.
Mentre dell’affermazione che un angolo ha un dato seno si può definire perfettamente il significato anche senza considerare alcun altro angolo oltre quello di cui si parla, per il caso invece dell’area il significato della frase: «la tal figura ha una data area», non può venire determinato se non ricorrendo, o riferendosi, direttamente o indirettamente, a quelle operazioni di confronto tra l’area di una figura e l’area di un’altra (la quale altra può anche essere, per esempio, quella che si è scelta per unità di misura delle aree) che sono richieste per riconoscere se due date figure hanno, o non hanno, una stessa area.
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