Si pensi, per esempio, alla parte che occupa negli scritti di Galileo la polemica contro la distinzione dei movimenti in «naturali» e «violenti», e contro quella tra fenomeni «terrestri» e «celesti».
Così pure, come è noto, il concetto di una distinzione irriducibile tra corpi «pesanti» e corpi «leggieri» - i primi tendenti verso il «basso» e gli altri tendenti verso «l’alto» -, fu tra i maggiori ostacoli che si opposero alla scoperta e al riconoscimento delle analogie sussistenti tra il comportarsi dei corpi sotto l’azione della pressione atmosferica e il comportarsi di corpi immeisi o galleggianti in un liquido.
E lo stesso si può osservare anche per la distinzione espressa dal linguaggio ordinario col contrapporre i corpi «caldi» ai corpi «freddi», di fronte all’altra distinzione dei corpi in «buoni conduttori» e «cattivi conduttori» del calore.
Se poi dal campo delle ricerche fisiche si passa a quello delle ricerche che hanno per oggetto l’uomo e le sue attività spirituali, l’importanza fondamentale della sopra detta incompatibilità tra le distinzioni, o classificazioni, imposte dal linguaggio comune, e quelle che mano mano vengono a essere riconosciute, dai singoli investigatori, come meglio rispondenti ai fatti, o più conformi alle esigenze della ricerca o delle applicazioni pratiche, risalta in modo ancora più evidente.
Il primo manifestarsi, in Grecia, di un impulso speculatore diretto all’esame e alla determinazione indipendente dei criteri fondamentali della credenza e della condotta si può quasi far coincidere col primo risvegliarsi, in Socrate e nei suoi discepoli, di una chiara coscienza della necessità di sottoporre a critica le distinzioni e le identificazioni implicitamente accettate dal linguaggio comune, col riconoscimento cioè del diritto, di ogni singolo pensatore, di far dipendere la propria adesione ad esse dai risultati di un’indagine pregiudiziale sul loro grado di coerenza, e sui motivi adducibili a giustificazione di esse.
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