La regola metodica del Peirce si presenta, alla luce delle precedenti considerazioni, come una segnalazione della importanza di discernere nelle nostre affermazioni quella parte che, implicando delle previsioni, è capace di venire confermata o infirmata da ulteriori esperienze, da quell’altra parte che, riferendosi invece a qualche nostro stato attuale di coscienza (sensazioni, gusti, apprezzamenti, ecc.), non può dar luogo a controversie risolubili con appello a nuovi fatti.
Il ricorso all’esperienza è riguardato dai pragmatisti come un mezzo, non soltanto di verificare o provare una teoria, ma anche di determinare o mettere in evidenza quella parte di essa che può essere oggetto di proficua discussione.
La questione di determinare che cosa vogliamo dire quando enunciamo una data proposizione, non solo è una questione affatto distinta da quella di decidere se essa sia vera o falsa; essa è una questione che, in un modo o in un altro, occorre che sia decisa prima che la trattazione dell’altra possa essere anche soltanto iniziata.
Il pragmatismo rappresenta, in certo modo, una reazione contro la tendenza, prevalente soprattutto nel campo filosofico, a non tener conto dì una norma metodica tanto elementare come questa, e a impegnarsi in controversie che, in mancanza appunto di qualunque chiara determinazione della tesi a cui si riferiscono, non possono a meno che prolungarsi indefinitamente ed apparire insolubili o trascendenti la capacità della mente umana.
Davanti a discussioni di questo genere l’atteggiamento dei pragmatisti consiste nel rifiutare di parteciparvi affatto, fin tanto che l’uno e l’altro dei due avversari non abbiano indicato in modo esplicito quali siano i fatti che essi credono dovrebbero verificarsi perché l’una o l’altra delle due tesi possa dirsi vera.
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Peirce
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