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      Alla parte rimanente, quella cioè che riguarda (per il caso dei giudizi accennati sopra), non il modo di comportarsi o di reagire dei corpi animati, ma l’esistenza «in essi» di una coscienza, sono d’altra parte applicabili considerazioni analoghe a quelle che valgono per il caso delle affermazioni relative ai nostri stessi stati di coscienza.
      È da notare, peraltro, che l’alternativa a cui si è alluso sopra non ha luogo tra l’ipotesi della «coscienza» e l’ipotesi dell’«automatismo» senz’altro, poiché in realtà quest’ultima, per diventare capace di fornirci previsioni atte a competere per esattezza ed estensione con quelle che l’ipotesi della coscienza effettivamente ci fornisce, ha bisogno di assumere una forma determinata, esponendosi quindi alla possibilità di smentite derivanti dalla eventuale riuscita sfavorevole di qualche experimentum crucis.
     
      Le precedenti osservazioni intorno alla possibilità di analizzare le nostre asserzioni in termini di previsioni non sarebbero complete se non aggiungessimo qualche cenno intorno a quelle asserzioni, che sembrano riferirsi puramente a constatazioni immediate, come quelle in cui si tratta semplicemente del come ci «appare» una data cosa in un dato istante, e quelle che esprimono una nostra sensazione presente, un nostro stato d’animo momentaneo, ecc.
      Anche in riguardo a tali asserzioni noi ammettiamo generalmente la possibilità di sbagliarci, o di riconoscerle come false.
      Ciò può spiegarsi notando, anzitutto, che quando diciamo, per esempio, «ho freddo», o «quel colore che io vedo è rosso», o «mi sento stanco», «contento», ecc., noi non constatiamo soltanto delle sensazioni, ma accompagniamo tale constatazione con un certo numero di previsioni sulla durata, la costanza, la ripetizione possibile, le diverse concomitanze o conseguenze delle sensazioni stesse.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483