Finalmente, per esaurire le varie possibilità di errore atte a nascondersi in quelle che ci sembrano semplici constatazioni immediate, è da ricordare che, per esprimere queste, come del resto per enunciare qualsiasi asserzione, ci occorre avere a disposizione dei termini generali i quali presuppongono una classificazione degli oggetti che designano. Ora classificare significa riconoscere l’esistenza di somiglianze e differenze, e le comparazioni, che a ciò conducono, sono operazioni che possiamo ripetere (o direttamente, o sulle immagini rimaste nella nostra memoria) e che possono quindi dar luogo a conferme o a smentite dei giudizi in questione.
All’insieme delle analisi, tentate dai pragmatisti, del significato e del contenuto delle nostre affermazioni o credenze, può esser mossa l’obbiezione che, con esse, si fa in fondo della cattiva psicologia; poiché si spiega quello che «c’è» nel nostro pensiero mediante quello che, nella massima parte dei casi, «non c’è».
Tutti gli uomini enunciano dei giudizi e hanno delle credenze; nessuno si accorge di fare con ciò delle previsioni. A tale obbiezione si può rispondere che altra cosa è dire che di tali previsioni il più delle volte non ci accorgiamo, altra cosa è dire che tali previsioni non sussistono in noi, o non sono contenute nei nostri giudizi.
È il caso di applicare appunto qui l’analisi, già sopra riferita, del Pikler, del significato del termine «esistenza» quando applicato al caso di processi o attitudini mentali.
Il mondo «interiore» non meno che il mondo «esteriore» si compone non soltanto di ciò che, ad un dato momento, vi si trova «in atto», ma anche di ciò che vi si trova «in potenza»; tanto all’uno come all’altro si applica la frase del Pikler che «the "would-be" of presentation is the "is" of objective existence».
| |
Pikler Pikler
|