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      4) Il caso, accennato sopra, dei processi di generalizzazione non è il solo nel quale la nostra tendenza a prolungare automaticamente i procedimenti del nostro pensiero al di là del punto, in cui essi sono giustificati dagli scopi che ci proponiamo, ci porti a riguardare come risultati effettivi dei semplici mutamenti nella terminologia o nei modi di espressione.
      Un’altra sorgente di illusioni dello stesso genere ci presenta il processo di spiegazione, in quanto esso ci porta a considerare come dei «perché» sufficienti dei fatti, che si tratta di spiegare, asserzioni in cui non si fa che rienunciarli sotto altra forma.
      La forma sotto la quale ciò si verifica più frequentemente consiste nel ricorso che viene fatto a termini esprimenti proprietà, qualità, ecc. (come negli esempi del noto tipo «opium facit dormire quia habet virtutem dormitivam»).
      È il caso di tutte le spiegazioni condannate dal Comte sotto il nome di «spiegazioni metafisiche»; le spiegazioni, cioè, nelle quali, nonostante tutte le apparenze verbali, il fatto da spiegare viene semplicemente ridescritto in termini astratti senza venire con ciò riconnesso ad alcuna legge più generale da cui risulti come conseguenza; - nel che soltanto può consistere una spiegazione effettiva e non soltanto apparente.
      Dei pericoli inerenti a questa tendenza non hanno mancato di occuparsi i filosofi. Tra i rimedi migliori è quello suggerito da Locke e da Leibniz, quando consigliano di tradurre ogni affermazione, in cui figurano parole «astratte», in un’affermazione equivalente dove siano loro sostituiti i concreti corrispondenti;(132) regola di cui il pragmatismo non è in sostanza che una amplificazione ed un completamento.


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Scritti filosofici
di Giovanni Vailati
pagine 483

   





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