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      Mi batteva il cuore, mi sentivo in fiamme. In quel momento non ho potuto fare supposizioni. Ma non appena mi trovai fuori della zona dei disastri umani mi venne spontanea l'interrogazione, da chi era stato ammazzato il Viola. Da chi? Dalla folla: no; perché nessuno di essa possedeva un'arma da fuoco. Dalla truppa? No, perché la ferita non è stata fatta da una pallottola a balistite. E da chi allora? Mi è stato spiegato più tardi da uno che ha aiutato a raccoglierlo. È una supposizione, ma pare che il questurino voltatosi per ritornare a corsa sotto la porta sia stato colpito dalla rivoltella di un collega che lo aiutava a sfollare con le palle di piombo. La stessa persona mi ha dato l'altra supposizione, che la prima revolverata del Viola sia partita proprio tra lo squillo e la scarica, come un'incitazione, un avviso di far fuoco. Sia avvenuto in un modo o nell'altro, la moltitudine non ha avuto tempo di mettersi in salvo.
      Dopo le tre scariche militari corsi dov'era il Savoldi e là, io e altri amici lo raccogliemmo, prendendolo per i piedi e per le ascelle. Respirava ancora e lo chiamammo per nome.
      - Silvestro? Savoldi?
      Egli guardava, con gli occhi istupiditi dalla morte che lo invadeva, senza rispondere. Lo riprendemmo e ci avviammo verso il Ponte Seveso per vedere se era possibile farlo medicare nell'infermeria dello stabilimento Pirelli. Ma la porta era chiusa e la linea dei soldati non ci permetteva di avvicinarci allo stabilimento.
      Senz'altro decidemmo di metterlo sul tram, avviato alla Piazza del Duomo per il Corso di Porta Nuova.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





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