Maledizione di Dio! Come nelle giornate del Colpo di Stato a Parigi, il temporale scioglieva il problema di spazzare la piazza tutta agitata dalla fermentazione cittadina. Tra le otto e le otto e mezzo si č udito come uno squarciamento di cateratte. Pareva che le folgori passassero lacerando il cielo e prorompessero lungo la corsa con esplosioni di tuoni e lampi che illuminassero tutta la volta sottosopra. Fu un diluvio. L'acqua veniva gių a rovesci col chiasso dei filoni che si rompevano sui tetti e sul selciato. La gente si salvava pigiandosi sotto i portici meridionali e settentrionali e per gli svolti delle vie che li lambiscono.
I cordoni militari che bloccavano la Galleria venivano rotti dalla lenta fiumana che non poteva pių tornare indietro. Lo straripamento era cosė possente che si sono dimezzati o frazionati senza resistenza. Nessuna forza avrebbe potuto trattenerla. Una volta ingorgati nel grande tunnel non si camminava, si era portati e si andava via adagio adagio come voleva la corrente umana. Agli ottagoni la respirazione era affannosa. Ci si sentiva premuti da tutte le parti. Tuttavia si sentiva l'inno dei lavoratori cantato da mille voci. Vicino al Gnocchi era un impalcato che avrebbe potuto servire benissimo da piattaforma. Pių d'uno s'era messo tra le travi con la voglia di sgolare l'orazione rivoluzionaria, ma non c'č stato verso. Gli agenti e i carabinieri non davano tregua a coloro che avevano la gola piena di prosa veemente. Gli squilli facevano il resto.
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