Ah, birbe! C'è stato un attimo in cui ho veduto nell'atmosfera irritata la guerra civile. I mascalzoni che apparivano e scomparivano dietro i vetri rovesciavano sui capannelli che sostavano e passavano secchi d'acqua. Scellerati!
Anche in casa si sente che siamo in tempi anormali. C'è un'inquietudine, c'è un malessere, c'è qualcosa che non so spiegare. Sei amici sono saliti a trovarmi terrorizzati. C'è tra loro un deputato.
Sembrano tutti in preda alla febbre. A loro sembra impossibile che io sia ancora al largo. Va via! mi dice qualcuno. Mettiti al sicuro. Non ci penso neanche. Rido e faccio la punta al lapis che voglio mettermi in tasca per andare in giro a raccogliere gli avvenimenti. Non capita tutti i giorni di passare in mezzo al casaldiavolo militare con la matita che lo raccoglie. La matita nelle giornate di sommossa è forte, più forte dei cannoni a tiro rapido. Victor Hugo, con la matita che Baudin gli ha prestato prima di morire sulla barricata della via Santa Margherita, ha inchiodato i nomi dei malfattori del 2 dicembre alla vergogna dei secoli. La storia di un delitto è un libro immortale. A proposito: e perché non lo ha pubblicato subito, quando gli episodi fumavano del sangue delle vittime, quando gli attori principali del Colpo di Stato suscitavano ancora gli orrori, gli spasimi? Io non voglio imitarlo. Lui ha saputo tener il manoscritto chiuso nell'armadio per venticinque anni. Io andrò subito alla ricerca di una stamperia. Voglio la scena nell'atmosfera in cui si è svolta.
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