È spruzzata sul muro, è cosparsa sulla pietra, è rimasta impegolata nei capelli, si è avviluppata nel sangue in fondo al berretto. È una testa che fa raccapricciare e voltare altrove. Nell'angolo, al numero due, dove finisce la piazza del Duomo e incomincia la via Torino sono due zoccoli, uno intriso di sangue e l'altro capovolto. Non vedo piedi senza scarpe. Sono dunque di una ragazza o di un ragazzo che si è posto in salvo. La tragedia diventa sempre più spaventevole. Pare una carneficina. Ci sono le tracce di una lotta sanguinosa. A ogni passo si trasalisce. Ci sono gocce di sangue rappreso, pezzi di cervello impiaccistrati di spruzzi sanguinosi. Ecco là un occhio. Chi è stato sdocchiato? Ecco là un orecchio e l'orlo di un orecchio. Di chi sono? Chi li ha perduti?
Giù dal marciapiede, lungo il negozio degli oggetti casalinghi di L. Giannoni, le palle a balistite hanno infuriato come una gragnuola di piombo che turbina intorno agli alberi umani. Hanno sorpreso la moltitudine delle persone che fuggivano dopo lo squillo ordinato dal capitano del 47° e sono cadute le une sulle altre. Ci fu un momento di silenzio terribile. Anche i vivi rimasero sepolti sotto i morti, svenuti o inconsci. Il quadro è indescrivibile. I corpi ammucchiati o sparsi sono quindici o diciotto. Sono stati sbattuti in terra in tutte le pose. Di fianco, sulla schiena, colle labbra sui sassi, con le braccia spalancate, con la bocca al cielo che non so più se sia azzurro, scialbo o rosso come il sangue dei morti.
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Duomo Torino Giannoni
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