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      Si sentiva un po' di tutto. Chi diceva con la voce dimessa che non c'era più nulla da fare, perché ormai la libertà dei cittadini era alla mercè del comandante della truppa di Milano, e chi raccontava che gli insorti avevano dato fuoco al palazzo Saporiti dopo di aver fatta una gigantesca barricata sul corso Venezia, e chi faceva venir su la pelle d'oca con mucchi di cadaveri portati via dal luogo del disastro a braccia di popolo. Da tutte quelle narrazioni contraddittorie le mie illusioni continuavano a volar via, Qualcuno aggiungeva che erano incominciati gli arresti a domicilio e aggiungeva panico a panico. I più prudenti prendevano la via del loro domicilio senza voltarsi indietro. Ce ne andammo alla spicciolata come eravamo entrati. Io e il mio amico deputato prendemmo la via dell'Ospedale Maggiore, attraversammo il corso di Porta Romana, infilammo una delle vie che lo lambiscono e seguitammo a camminare in direzione di San Celso. La via era piuttosto deserta e il medico che prestava il suo appartamento per il convegno era dabbasso in strada che additava la porta agli aspettati e adocchiava se sbucasse da qualche parte la polizia. La portinaia era di cera. Tremava. Essa è quella tale stata citata al Tribunale per riconoscere se la signora Kuliscioff fosse stata la donna velata, cercata invano per provare il complotto. Salimmo un'altra scala dopo il primo piano, suonammo e ci venne aperto. Passati dall'anticamera al salotto di riunione vi trovammo un po' di tutti i colori politici, dal rivoluzionario scarlatto al radicale pallidissimo.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





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