Leggo la Perseveranza - il quotidiano della consorteria milanese, che incomincia questa mane la vitaccia a cinque centesimi. In questo giorno è un giornale che sbalordisce. Non è più il leone sdentato e invecchiato nella gabbia del serraglio. È un leone in piedi che rugge squassando la giubba e guarda la "plebe" con la minaccia negli occhi torvi. Dal primo giorno dei tumulti, la Perseveranza ha buttato via ogni solidarietà professionale. È divenuto un foglio fratricida. Si presenta ogni mattina al pubblico, con le mani gocciolanti del sangue dei colleghi che ha sgozzato nella notte. Le sue colonne sono piene di delazioni. Essa incita gli agenti a piombare sui difensori della libertà di stampa.
La maggioranza dei giornalisti milanesi è composta di forcaioli. Non pensa che col ventre. Manderebbe al patibolo tutti noi che abbiamo l'audacia di prendere i ventraioli della penna di redazione a pedate. I vostri nomi sono registrati nel mio diario.
In questo momento di disgusto mi ricordo con compiacenza della Parigi giornalistica delle giornate di luglio, dei giornalisti del '30, i quali rimasero uniti a difendere i diritti della libertà di scrivere contro le ordinanze reali che volevano distruggerla. Piuttosto che subire il bavaglio, hanno preferito lasciare la penna in redazione e discendere nelle vie a combattere sulle barricate fino a monarchia finita. I soldati fraternizzarono coi "rivoltosi" per il rispetto alla Carta, e Carlo X dovette scappare dal "cervello del mondo" di notte, come un ladro.
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