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      È un supplizio crudele quello di stare qui, al margine del teatro di guerra, con le orecchie rintronate da un fuoco incessante di fucileria, a straziarvi col pensiero che a pochi passi dai vostri piedi si combatte disperatamente, senza poter rompere il cordone militare! Farei in due la mia tessera giornalistica! Ma dunque, o colleghi, avete o non avete conquistato il diritto professionale di passare dovunque?
      Corro, corro lungo il naviglio verso porta Vittoria, con l'idea di voltare in via Stella e riuscire a percorrere fin sotto i casini daziarii di Porta Monforte. Non incontro che una ragazza e una bimba che chiamano tutti i nomi del vicinato senza commuovere alcuno.
      - Luigia, Giovanna, Marta, aprite, fate presto, per amor di Dio!
      L'egoismo li ha resi tutti sordi. Loro sono in casa, rannicchiati come tanti conigli, e chi è fuori, crepi!
      Col battaglio del portone metto a rumore il casone.
      - Aprite, in nome della legge!
      Si apre, e io continuo il mio itinerario. Avvicinandomi all'estremità del naviglio, le fucilate si fanno sentire una dopo l'altra, come se i soldati fossero dietro qualche riparo a far fuoco contro i passanti rimasti per la strada.
      Sull'angolo di via Francesco Sforza, è un gruppo di gente, addossato alla bottega della farmacia chiusa, che non sa più da che parte avviarsi.
      Sul ponte Vittoria le palle passano fischiando e, al dorso, dove incomincia il corso Vittoria, è la cavalleria che scorrazza inseguendo chiunque col revolver alla mano e il grido: indietro, indietro!
      Una vecchia del gruppo continua a farsi il segno della croce.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





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