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      Poi si sarebbero dispersi per le cascine di Acquabella, lasciando a torno gli avamposti in bicicletta.
      Cessato il fuoco, l'incaricato militare annunciò a tutti che erano liberi di andarsene "perché di loro non aveva dubbio alcuno". Saputo che erano persone per bene, il comandante li fece scortare fin dove cessava il pericolo. Lieti di poter correre a casa a tranquillizzare le famiglie, i signori vollero manifestare la loro gratitudine ai soldati con un beveraggio. L'ingegnere Macchi fu il primo ad iniziare il movimento con un biglietto da cinque o da dieci. Gli altri lo imitarono con dei biglietti da una o da due lire. Il soldato che aveva ricevuto il denaro, senza protestare, diede l'esempio che i soldati non si lasciano pagare, per nessun servigio.
      Non appena al primo cordone, li denunciò in massa all'ufficiale di picchetto, come tanti corruttori. Ci volle del bello e del buono per farlo placare e fargli capire che loro, non potendo offrire alla scorta né bibite né bevande, avevano voluto contribuire con qualche cosa, perché se le comprassero.
      Spiegato l'equivoco, il tenente li lasciò passare.
     
      L'AMBIENTE
     
     
     
      Il convento, destinato a signoreggiare gli avvenimenti della quarta giornata, non è "quasi nascosto tra gli alti fabbricati", come vorrebbe uno sciocco redattore della Lega Lombarda, che riempie le colonne della "Milano durante i tumulti" di inesattezze delittuose e di sentimenti anti-cristiani. È un edificio che in piazza Monforte nessuno può evitare di vedere. Ha il fianco destro completamente libero, che margina il principio di corso Concordia e la fronte che corre lungo il viale, che porta il nome del centro ov'è accampata la truppa.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





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