Al momento dell'invasione militare, egli era in casa con le convulsioni. Le palle percotevano fragorosamente le sue gelosie e il suo uscio d'entrata. Di sopra, sua sorella, gravemente ammalata, piangeva dirottamente dalla paura. Calci del fucile gli fecero aprire.
- In ginocchio! - gli gridò l'ufficiale piantandogli in faccia la bocca della rivoltella.
E il povero coronaio, con la pelle lividastra, si lasciò andare sulle ginocchia colle mani giunte.
- Dove sono i rivoltosi?
- Non lo so, signor tenente.
E il tenente lo fece arrestare.
Il capo dei mendicanti è il Cerina, un tipo che io ho dovuto studiare più di una volta nella mia Milano sconosciuta e Milano moderna. È un ex-librivendolo disgustato della vita ladra che lo obbliga, a 70 anni e impotente, a dormire sotto un cielo indiavolato, o sui gradini delle chiese, o in fondo agli angiporti, o con le spalle al pilastro d'un'arcata qualunque, nelle notti ch'egli chiama polari. Pare un Aronne. La sua barba, folta e fluente, gli tiene caldo lo stomaco, e la sua capigliatura, che ingrigia adagio adagio, documenta la sua discesa nell'inferno sociale. Il suo sogno è di rialzarsi con una bracciata di libri vecchi o arcivecchi. Mi diceva l'altro giorno che, se non gli avessero arrestato il suo amico Carlo Romussi, direttore del Secolo, a quest'ora la sua fortuna sarebbe fatta. Prima dell'arresto gli aveva promesso una carriolata di classici della biblioteca Sonzogno.
La sua predilezione per i frati del convento del viale Monforte è spiegabilissima.
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