Il padre discese con un giornale religioso in mano che si era occupato di un mio articolo: era l'Unità Cattolica.
- Perché non me li mandate mai questi vostri articoli? mi disse egli, tendendomi le due mani, col trasporto d'un'amicizia sentita.
Lo fotografo con due colpi di lapis, mentre diamo una capatina in coro.
È tutt'assieme una figura simpatica e vigorosa. La sua faccia, larga e massiccia, è spruzzata dalla lucentezza degli occhioni, che traducono la bonarietà e la salute. Sull'altura della callotta che pare appesa alla nuca, è accoccolato un ciuffetto di capelli abbaruffati, il quale documenta che è ancora in lui la fierezza del cittadino. Le sue orecchie alte, coi padiglioni larghi e ammantati di rosso come i lobi, rivelano l'uomo che si tuffa con piacere nell'acqua lustrale. La sua barba fluente è una ditta fratesca. È una distesa di peli morbidi filettata di qualche capello che ingrigia ai margini delle due punte.
Usciti dal coro girammo per il porticato e infilammo la scala che conduce alla sua cella.
- È vero, padre, che avete venduto il terreno sul quale è la muraglia con la breccia tappata?
- È vero che abbiamo venduto del terreno per fabbricare un altro convento fuori di Porta Magenta, alla Maddalena Grande. Ma quasi tutta la facciata lungo il viale è rimasta nostra. La breccia rimane tale e quale. Una chiazza bianca coperta del lastrone di metallo per gli avvisi sacri.
La breccia era rasente il pilastro destro della cancellata.
Giungendo al piano superiore, incontrammo tre frati, i quali si prostrano ai piedi del padre Isaia con un abbandono supplichevole, curvando la testa fin quasi a terra e non alzandosi che dopo avergli baciato la mano con effusione.
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