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      Il pubblico era ansioso di sapere che cosa avveniva, ma la cronaca di qualunque giornale non gli portava che fatti slegati e non gli diceva come avevano avuto principio, se erano inanellati e perché continuavano.
      La via di S. Pietro all'Orto venne occupata militarmente. Non pensavamo neanche che si trattasse di noi. Io poi, che avevo dovuto essere da una parte e dall'altra e mi ero convinto che Milano stava per diventare una rete di cordoni militari, tirai via a chiacchierare sui tumulti spaventosi senza badare a ciò che avveniva nella strada. I fatti ci assorbivano. Come si erano compiuti? Chi li aveva provocati? C'era stato scambio di fucilate? Chi sarà stato il primo a far fuoco? Annegavamo nelle supposizioni senza venire in chiaro di nulla. Il tavolo del cronista rigurgitava di note sanguinose, ma nessuna ci dava la chiave della giornata. La nostra conversazione venne interrotta da una moltitudine di piedi che sentivamo venire alla nostra volta. Erano il viceispettore Prina, il delegato Gislon e parecchi agenti in borghese che invadevano gli uffici dell'Italia del Popolo.
      Le prime parole che ci dissero furono che il giornale era sequestrato. Una notizia che ci lasciò tranquilli. Non era la prima volta che ci si capitava addosso coi sequestri. Ma il Prina non ci permise di tirare il fiato liberamente, senza aggiungere che era dolente di comunicarci "la cessazione del giornale fino a nuovo ordine". Il direttore rimase senza sorpresa. Passammo in stamperia. Assistevano alla scomposizione del giornale Chiesi, Federici, Cermenati e Seneci.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





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