Prima di risalire negli uffici il Prina diede ordine di non permettere l'uscita ad alcuno.
In redazione ci disse:
- Ci rincresce, ma siamo incaricati di fare una perquisizione. - Nessuno di noi rispose. Tanto e tanto il nostro consenso o la nostra protesta non avrebbe contato per nulla. Si misero a perquisire. Guardavano nei cassetti del direttore e dei redattori, leggevano o scorrevano affrettatamente i manoscritti, raccoglievano le cartelle scritte o incominciate per i tavoli e frugavano e adocchiavano dappertutto. Intanto che avveniva questa operazione, Federici si era affacciato alla finestra, proprio nel momento in cui De Andreis riusciva, nella sua qualità di deputato, a passare il cordone militare. Si protese e gli disse:
- Hanno sequestrato il giornale e stanno facendo una perquisizione. Vieni di sopra.
Due minuti dopo era anche lui in redazione. Terminata la perquisizione, il Federici chiese, come di legge, che si facesse il verbale delle cose sequestrate. Uno dei funzionarii rispose:
- Lo faremo in questura, dove abbiamo l'incarico di accompagnarli. Loro signori sono invitati dal questore per delle comunicazioni.
Carmenati: Allora vuol dire che siamo tutti in arresto.
Gislon: Non abbiamo quest'ordine, non credo ci sia probabilità d'arresto.
De Andreis: Come deputato protesto per la perquisizione e per la violazione di domicilio, senza mandato dell'autorità giudiziaria.
Suggellati i pacchi dei manoscritti sequestrati, il Prina invitò Chiesi, Federici, Cermenati, l'avvocato Valentini e Seneci ad andare con loro a S. Fedele.
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