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      Si mise a protestare con parole vibrate e a dichiarare ch'egli sarebbe andato dove andavano i suoi amici. E tutti noi, compreso l'on. De Andreis, passammo in un'altra stanza, dove ci si trattenne un'altra buona mezz'ora.
      Aspettavamo e parlavamo sottovoce. Perché in questa seconda anticamera eravamo tenuti d'occhio da un agente in borghese, seduto in mezzo a noi come un muto. Conversando, si almanaccava sul tempo che ci avrebbero fatto perdere. Federici manifestava la sua opinione che anche De Andreis sarebbe stato trattenuto.
      Qualche altro pregava quest'ultimo a prendere l'uscio intanto che era libero.
      - Libero ci potrai essere più utile che non chiuso in carcere con noi.
      Fu testardo e rimase.
      Alle sei e mezzo circa entrò un vecchio impiegato a dirci queste parole:
      - Sono spiacente di comunicar loro che, essendo stato proclamato in questo momento lo stato d'assedio, loro signori sono tutti in arresto.
      Ci fu un'irruzione di guardie in borghese le quali, senza tanti complimenti, ci presero per la manica. Protestammo e dicemmo che non era il modo di trattare persone che non volevano fuggire, e i delegati ordinarono agli agenti di lasciarci andare. Discendemmo ed entrammo nell'ufficio del delegato Eula, il quale, per essere sinceri, ci trattò con la massima gentilezza. Ci sequestrò carte e matite che avevamo nelle tasche. ci lasciò denari, orologi e anelli e ci fece firmare il verbale, porgendo ad ognuno la penna.
      - Già che ci deve mandare in guardina, ci potrà mandare anche da mangiare.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





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