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      Ogni donna era obbligata a dire, in fretta e in furia, nome e cognome del detenuto, il numero della cella, se il padre e la madre erano morti o vivi.
      - Cella 89, Giuseppe Agesilao, del fu Pietro e della vivente Teresa Baragni.
      - Avete fatta la lista?
      E il braccio di chi non poteva farla vedere, veniva scansato e buttato dall'altra parte.
      Alla una pomeridiana, le donne giunte tardi o rimaste tra quelle che non avevano potuto consegnare i fagotti, piangevano dirottamente.
      La campana aveva chiusa la consegna e la campana non aveva budella.
      Era un grande dolore rifare la strada con il mangiare, dopo aver fatto tanta fatica e avere speso tutto quello che c'era in casa per consolare i poveri cristi in prigione.
      - Aveva ragione Antonia di dire che era una grande punizione questa che Dio ci aveva mandato!
     
     
      IL DIARIO DI UN MESE DI CELLULARE
     
     
     
      La mia cella è una fornace. Ho il sole sulla muraglia esterna dal sorgere al tramonto del sole. Subisco una trasudazione che mi snerva. Preferisco però l'isolamento alla compagnia della stanza intermedia. Coi miei compagni sarei divenuto uno scemoide. A poco a poco il loro linguaggio antintellettuale e trivialmente sbracato sarebbe divenuto il mio. In otto giorni mi ero già abituato a passeggiare sull'ammattonato fracido dei loro sputacchiamenti.
      Gli habitués del carcere manifestano ogni giorno, alle finestre, i loro rancori contro i cosiddetti rivoluzionari. La polizia ne ha fatte delle retate e l'autorità carceraria ha dovuto affollarli nelle celle. Ci accusano di essere gli autori delle loro disgrazie.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





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