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      Rividi lo stesso agente con un sottocapo, il quale entrò a dare un'occhiatina ai frantumi.
      - Come avete fatto a romperla?
      - Cadde. Me ne faccia dare un'altra a mie spese.
      - Uhm!
      Stamattina sono stato chiamato ad "udienza". Tra le sette e le otto il direttore viene al centro della carcere; va in una stanza che partecipa della rotonda lambita dagli esagoni e dà "udienza".
      Coloro che si sono fatti iscrivere e coloro che sono stati iscritti a loro insaputa, escono dalla cella al suono della campana che chiama a "udienza", discendono e si fermano sulla punta del raggio, dove aspettano che Minosse vada in sedia.
      È una mezz'ora che l'ho veduto.
      Il direttore era seduto a un tavolo di cucina, con la faccia sullo sfogliazzo e le braccia sul tavolo come pesi in riposo. Con una mano faceva dei segni rossi in margine al nome e con l'altra andava alla ricerca della pagina.
      - Come avete fatto a romperla?
      - Mi restò il manico in mano.
      Mi entrò negli occhi come per precipitarsi negli abissi della mia coscienza e risalirne con la bugia in mano.
      - Andate! mi disse.
      Ho saputo dopo che ero stato condannato a pagarla. Non sono i venti o i trenta centesimi che mi fanno sprecare l'inchiostro.
      Ma io domando se è giustizia di farmi pagare un chiccherotto che mi si è dato slabbrato e pieno di crepe e che aveva servito a chi sa quanti detenuti. Vi pare, o signor direttore, è giusto che un poveraccio sconti col digiuno un avvenimento che può avvenire a voi, alle vostre figlie, alla vostra signora, alla vostra serva, a tutti coloro che bevono?


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





Minosse