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      Dopo tre giorni il giudice tappò la bocca al feniano, ma il suo sistema divenne un'arma poderosa nella Camera dei Comuni, ove i parnellisti costringevano i deputati coercizionisti ad assistere a delle sedute parlamentari che duravano perfino quarantadue ore e impedivano ai ministri, per delle settimane e dei mesi, di far votare i bills che dovevano imbavagliare gli Irlandesi.
      Don Davide, che era sempre stato tenuto separato dagli altri e che anche al Cellulare si mandava al passeggio da solo, si era preparata un'autodifesa di circa venti o venticinque fogli da protocollo, per provare, con grande semplicità, la sua innocenza. Cominciava dal dire di ignorare il perché era stato arrestato, carcerato e condotto al Tribunale, e tirava via affermando che, né direttamente, né indirettamente, aveva mai preso parte ai tumulti.
      Non solo, diceva egli in terza persona, né indirettamente, né direttamente non ha preso parte a tumulti, ma sempre in vita sua usò dello scritto e della parola per l'ordine nella religione, maestra di rispetto, fonte di civiltà e di proprietà. Lo stesso avvocato fiscale che lo incolpa di fini speciali, confessa di non sapere il perché lo si perseguita. Fini speciali? Dunque, non connivenze con altri partiti, ma un'azione solitaria. Quale? Repubblicana, no; socialista, no; dunque? Distruzione dell'Italia attuale e ricostituzione del poter temporale del papa; questo, suppone l'accusatore. Ora, questo è assurdo, perché don Davide Albertario in proposito ha per programma di attenersi a quello che gli altri poteri, l'ecclesiastico e il laicale, concertino tra di loro.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





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