I suoi periodi snodati, brevi, vigorosi sull'uditorio come un uragano intellettuale.
La sua penna di giornalista, che gli ha conquistato un mondo di lettori, è una penna che cesella ed ubbidisce al padrone. Non è mai sbrigliata anche quando è virulenta o infuria sull'avversario. Produce uno stile nervoso - uno stile che ti mette sottosopra il sangue - che ti accarezza - che ti schiaffeggia - che ti intenerisce. Ha immagini scultorie, grandiose, indimenticabili.
Adesso che i nervi lo lasciano tranquillo, la sua salute si è rinvigorita e le sue forze intellettuali si sono triplicate. Egli è diventato un lavoratore metodico come l'autore dei Rougon-Macquart. Vi può dire coll'orologio alla mano il manoscritto che vi potrà consegnare in un mese per un anno di seguito.
Veste male, non è mai stato vestito bene. Da giovane andava per le vie coi calzoni che gli lasciavano vedere tutto il corame della scarpa, con una giacca o un paletot che lo tirava da tutte le parti e un cappello floscio che lasciava vedere il suo alto disprezzo per la spazzola e il copricapo nuovo. Il nodo della cravatta traduceva l'uomo che non si guarda mai nello specchio; era mal fatto e andava da tutte le parti, tranne che sotto il bottone del solino spesso sgualcito. Parecchi di noi che scrivevamo nella Farfalla lo credevamo un bohémien eternamente alla caccia di un louis d'or come gli eroi di Murger. Lo si vedeva e si pensava all'assalto alla borsa. Ma lui ci stringeva la mano, ci parlava di qualche pubblicazione e ci salutava senza domandarci nulla.
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